Accetto di correre questo rischio e provo a dirne qualcosa.
Chi pone queste domande spesso non è solo mosso da una mera curiosità di solito accusa qualche disturbo che magari riesce a tenere - in maniera non del tutto soddisfacente e per un tempo limitato - sotto controllo con qualche farmaco prescrittogli dal proprio medico di base ed
è solo dopo averne provato a lungo andare la inutilità nel curare il disturbo che prova, con una certa prudenza, a tastare il terreno di una
possibile cura terapeutica.
Nel mio biglietto da visita fa bella mostra di sé un quadro di Magritte intitolato "La condition humaine" [La condizione umana].
Perché per autorizzarsi ad ascoltare la sofferenza di pazienti occorre essere un po' esperti di che cosa sia la "condizione umana" e
non solo per aver letto qualche libro, anche molti libri: non è tanto nei libri che la si apprende, bensì nella vita vissuta, nella
sofferenza provata, nell'angoscia paralizzante subita, nelle relazioni inter-umane di cui poche si può dire siano state veramente inter-soggettive,
ovvero siano state caratterizzate da un rapporto autentico tra due (o più) soggetti.
"Soggetto", ecco il termine più appropriato per parlare di cura analitica.
Non "soggetto" nel senso in cui oggi lo si usa così tanto al punto da abusarne. Soggetto agente, ma soprattutto soggetto caratterizzato da un
rapporto privilegiato con gli oggetti.
Bensì "soggetto" nel suo senso più proprio attribuibile come concetto a quella tendenza interiore a "realizzarsi", ovvero a
"divenire ciò che si è", ad "essere se stessi" nel modo più autentico possibile.
Ed è in fondo per assecondare questa tendenza che si scelgono vie che portano però lontano da essa, perché presi, catturati, dalla illusione
di poter essere se stessi attraverso il possesso degli oggetti, quando è invece vero proprio il contrario.
Non a caso i nuovi sintomi di disagio psichico nell'attualità sono tutti legati a un oggetto:
- evidente è l'oggetto cibo nelle anoressie-bulimie;
- altrettanto evidente l'oggetto alcol o droga o gioco d'azzardo o Internet nelle dipendenze;
- nelle depressioni in primo piano c'è l'oggetto perduto cui il soggetto non riesce a rinunciare e muore anche lui, cade anche lui, con l'oggetto.
è la grande differenza già pensata da Freud tra lutto e melanconia: certamente la perdita di un oggetto molto caro provoca un profondo lutto,
ma o il soggetto riesce ad elaborarlo, oppure la spessa ombra della perdita dell'oggetto afferra anche l'Io del soggetto che cade
(insieme all'oggetto), che si perde, nella sua inscindibile melanconica unità con l'oggetto perduto;
- negli attacchi di panico è l'oggetto niente dell'angoscia che fa la sua repentina - e spaesante per il soggetto - comparsa.
E si potrebbe continuare direi con qualsiasi altra patologia psichica contemporanea, ivi compresi i disagi che si vivono sempre di più nelle
famiglie nucleari odierne, le relazioni di coppia, spesso aspre fino alla rottura; le relazioni genitori-figli, le connesse problematiche nella
comunicazione, che talvolta si interrompe; le relazioni insegnanti-allievi, in cui in maggiore misura si avverte il progressivo venire meno, a
livello sociale, dell'autorità dei docenti di pari passo con il prevalere della difesa del proprio ego, lì narcisisticamente identificato nel figlio
che è anche alunno e che va difeso a tutti i costi contro l'insegnante che non lo capisce, ecc..
Lo psicoanalista o psicoterapeuta orientato psicoanaliticamente "lavora" sul soggetto, sulle sue vie di realizzazione, di solito smarrite se c'è
disagio psichico, se c'è rifugio nell'oggetto ritenuto appagante (mentre in realtà è alienante); il lavoro clinico è su questo che punta, sul
liberare il soggetto umano dalle trappole in cui è caduto, in cui si è annichilito, per farlo emergere, per ritrovare le vie possibili della propria
realizzazione.
Quanto dura? Dipende molto dalla variabilità soggettiva individuale; la mia esperienza mi dice che in media ci vogliono almeno due-tre anni
per raggiungere dei risultati soddisfacenti.
Quanto costa? Anche qui dipende, per quanto mi riguarda, dalla scelta soggettiva individuale perché la tariffa la lascio scegliere al paziente
tra un minimo (accessibile di solito a tutte le tasche) ed un massimo non eccessivo che misura la voglia di fare un bel percorso alla ricerca di
se stessi.
Il risultato non lo posso assicurare, posso solo assicurare il massimo impegno per il suo raggiungimento, ma se si riesce a lavorare bene la mia
esperienza mi dice che qualcosa di positivo lo si ottiene.
Ecco quel che mi sento di affermare, se qualcuno fosse interessato ad approfondire qualcosa può sempre pormi direttamente qualche domanda
(tramite e-mail, preferibilmente).
O/e ascoltare le mie conferenze per saperne di più.
Particolare non trascurabile: la prima seduta è sempre gratuita, serve per conoscersi e per vedere se si può iniziare la cura.
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